
La maestra entra in classe e, per richiamare l’attenzione, dopo qualche urlo e inutili suppliche, con una voce sempre più stridula e protesa sempre più in alto, chiede di chi sia il turno per “segnare i nomi”.
La bambina designata, si posiziona di fronte alla lavagna, prima però seleziona accuratamente un gessetto, almeno la scelta del colore la rende ancora una bambina.
Lì, ferma, in piedi, seria e irremovibile, a disagio, osserva e tiene sotto controllo i suoi compagni.
La maestra ha ottenuto una tranquillità apparente e cerca le pagine del libro, da cui far partire la sua lezione.
La maestra ha consolidato questa soluzione di “ordine” dal primo anno.
Chi parla ha il nome scritto sulla lavagna.
Al nome si aggiungono delle crocette.
A 3 crocette ti puoi scordare l’intervallo.
Ecco.
La minaccia.
A turno si diventa le guardie di quel metodo, a turno si è prede.
Tutti sono sotto minaccia.
Di recente, mentre pensavo a questa maestra e a questo metodo, ho letto casualmente un post di Luca Bizzarri che recitava così:
” La speranza, forse l’unica speranza, è tutta nelle mani della scuola, degli insegnanti, che instillando l’ingrediente più importante per la crescita delle persone che è la curiosità, riescano a far diminuire la evidente moltitudine di imbecilli.”
Ecco io sono d’accordo con questo pensiero.
Poi però ho riletto la prima riga di questo post e ho pensato ai “buoni e cattivi” su quella lavagna, che garantiscono la tranquillità di un insegnante e la paura di una classe.
Questa speranza di cui parla Luca Bizzarri si scontra con un gessetto, che vuole una pena da far scontare e un comportamento corretto solo se c’è qualcosa da perdere o che procurerà un “danno”.
Calmare e far rimanere una ventina di bambini in silenzio e attenti è assolutamente un’impresa, anche gli studenti più bravi educati e diligenti perdono l’attenzione, si lasciano andare, si distraggono, fanno…quello che fanno i bambini.
In mano agli insegnanti c’è anche la responsabilità di far capire i valori a prescindere dalla pena, come instillare quella curiosità di cui parla L.Bizzarri, di riuscire a mantenere il silenzio senza volere un diario in mano per dare una nota.
A volte senza nemmeno alzare la voce.
A volte rinunciando a un po’ di tranquillità.
A volte senza “ricatti”.
A volte è davvero un’utopia.
Spesso sarebbe possibile, con un piccolo sforzo in più, senza far diventare un bambino una guardia giurata a minaccia del nostro intervallo.
viva l’utopia 🌹
Molto bello Irene e molto vero !