
Scrivi, pensi alle parole, alla trama, ai personaggi, ma a come sarà fisicamente il tuo libro no…forse per scaramanzia.
Quando è stato il momento di metterci proprio la testa io sapevo solo una cosa.
La copertina doveva essere una storia.
Ho sempre avuto un’immagine in testa, ma non sapevo proprio da dove iniziare.
E sono arrivata a Emanuele, che in una pausa a Mohole mi ha vista camminare verso di lui dicendo :
ti devo assolutamente parlare di un progetto
Emanuele non solo è un prof. di fumetto ma è anche un disegnatore per Sergio Bonelli Editore e in particolare di Nathan Never. Quindi genere lontanissimo da quello del mio libro.
Ma questo non ci ha fermato.
Lui si è ritrovato con una risma di carta in mano da leggere, sì perché all’epoca il mio libro era ancora un manoscritto.
Beh è andata bene perché ha accettato di disegnare la copertina, ma qui è partita la peggiore delle domande.
Come la facciamo?
Tabula rasa. Foglio bianco. Pensieri a zero.
Un’unica richiesta: deve avere il tuo stile. Niente ci poteva mettere più d’accordo.
Mentre Emanuele, nella sua testa, ipotizzava come far scivolare la matita sulla carta, io ho iniziato ad inondarlo di copertine.
Ebbene sì.
Giravo per librerie, spulciavo l’internèt per raccogliere spunti e idee di qualsiasi tipo e poi spedivo a lui.
Il tutto condito da frasi come “guarda che bel colore” “uh la scritta è pazzesca” “no ma lo stile?”
Ecco.
Come andare in confusione, io, non lui. A lui ho solo intasato whatsapp.
Per fortuna lui con molta molta pazienza ha cercato di capire quella famosa immagine che girava da tempo nella mia testa e poi ha aggiunto la sua interpretazione.
Ho parlato di matita: sì tutto è nato da fogli bianchi e lui con una matita in mano che abbozzava dei disegni mentre parlavamo. Poi li girava verso di me con un
così cosa ne dici?
A volte li bocciava da solo.
A volte ci ridevamo su dicendo cosa ci ricordava, siamo passati da Don Matteo a Stranger Things senza manco accorgerci.
Ed eccoli qui i famosi bozzetti.




Poi è arrivata lei.
Lo sapevamo tutti e due: quella giusta.

Per qualche giorno abbiamo provato a spostare, cambiare e interpretare (sempre io, non lui).
Mentre ancora io immaginavo come avrebbe preso vita quel disegno, Emanuele lo passava a china e mi mandava un whatsapp dicendo:
”Finita🎉
Non ci potevo credere.
Lia e l’Abete Rosso adesso esistevano davvero.

E poi?
Le bozze di copertina.
Il mio editore ha pazientemente ricevuto le mie continue modifiche alle prime prove fatte.
Questa copertina è, infatti, frutto di un bel po’ di “ma secondo te?”: intercettarmi in quel periodo diventava subito mettere il naso sul mio cellulare e guardare le bozze e dover assolutamente dire la propria.
“non so” non era contemplato.
Sì ho fatto un po’ di “terrorismo” e in parecchi non mi sopportavano più.
Fino a quando in due non ci siamo ritrovati davanti a un computer a scartare le mie mille prove e a dire…questa qui.
Fine. (Grazie Gio)
Quindi il mio editore finalmente ha potuto declinare la copertina mandata in quella che oggi è un insieme di un bel po’ di ricordi e ha una storia tutta sua.
L’Abete Rosso però ha anche un’altra immagine, a cui sono molto legata, che nasce quando il libro era ancora ai primi capitoli.
Una mia cara amica mi ha mandato un disegno, dopo aver letto le prime pagine.
Era quello che immaginava.
Ed è questo qui.

Ebbene sì è passato un anno da quando è ufficialmente nata la messa in opera del mio libro.
E oggi parlo della copertina perchè esattamente un anno fa firmavo il mio contratto con Giraldi e per me iniziava una nuova avventura… quindi è giusto iniziare a svelare un po’ di backstage.